Octobot è il primo robot polpo realizzato con la stampa in 3D ed è del tutto autonomo. Senza batterie.
Il primo prototipo di robot del tutto privo di materiali duri rende gli automi “soffici” molto più adatti a interagire con ambienti non strutturati e a manipolare oggetti sconosciuti. Ispirato al polpo, Octobot ha un funzionamento pneumatico e non è alimentato con batterie o cavi, ma da una semplice reazione chimica. Questo robot soffice a forma di polpa sfrutta una tecnologia pneumatica con l’alimentazione derivante dal gas sotto pressione. All’interno dei vari tentacoli di questo polpo robotico avviene un’interessante reazione chimica. Il platino fa diventare l’acqua ossigenata del vero e proprio gas, che fa gonfiare la struttura esattamente come avviene nei palloncini.
Una novità importante che dimostra la crescita della tecnologia e potrebbe essere la prima macchina di nuova generazione dotata di intelligenza artificiale.
Gli automi sono ampiamente usati nell’industria manifatturiera, dove però funzionano in ambienti molto strutturati, e seguendo procedure predefinite. Mettere in grado queste macchine di interagire con oggetti sconosciuti in contesti differenti e con una buona dose di incertezza è molto più difficile. E uno dei problemi è che i robot in genere sono prodotti con materiali duri: un materiale morbido e deformabile sarebbe molto più adatto per afferrare e manipolare oggetti sconosciuti. Sin ora gli studi si erano scontrati con la difficoltà di assicurarne l’autonomia, limitata dalla necessità di batterie o cavi per collegarli a una fonte di alimentazione.
Robert J. Wood e colleghi – che firmano un articolo pubblicato su “Nature” – hanno superato l’ostacolo creando un robot con un procedimento che mette insieme stampa litografica dei circuiti di controllo, fusione e stampa in 3D con materiali soffici e un sistema di alimentazione alternativo alle classiche batterie.
Per muovere i suoi otto tentacoli e spostarsi Octobot sfrutta infatti un sistema pneumatico che è alimentato da una riserva di acqua ossigenata che reagisce con un catalizzatore di platino per sviluppare gas.
La parte più complessa del sistema ha riguardato la progettazione e la produzione del chip di controllo della reazione e del corretto indirizzamento del gas nei tentacoli. Il chip è stato realizzato con la cosiddetta tecnica microfluidica, in cui attraverso la creazione di micropori in particolari materiali si producono microflussi di fluidi manipolabili come una corrente elettrica.
Dopo questo primo prototipo sperimentale, i ricercatori intendono costruire un ”fratello” di Octobot che oltre a controllare l’estensione e la retrazione dei suoi tentacoli sia in grado di strisciare, nuotare e interagire con il suo ambiente, per esempio afferrando e spostando piccoli oggetti.
Anche se la robotica morbida è ancora nella sua infanzia – osservano i ricercatori – lascia intravedere numerose applicazioni, dalle operazioni di ispezione e manutenzione di macchinari, a quelle di ricerca e salvataggio, fino al loro uso per la produzione di endoscopi soffici e protesi morbide di supporto alla riabilitazione, per esempio, di ginocchia e caviglie.
Il team di ricercatori dell’Università di Harvard, che stanno studiando la robotica soffice già da diverso tempo prende esempio dai polpi. Anche se non posseggono alcun scheletro al loro interno, infatti, questi animali si distinguono per forza ed abilità fuori dal comune. Fino a questo punto, la flessibilità dei polpi era stata trasferita nella struttura dei robot, ma mai all’interno delle loro batterie.
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